Il cavolo navone
“Il cavolo navone è un ortaggio che qua a Calizzano, nell’alta valle Bormida – ci racconta Jole Buscaglia – si è sempre messo perché è di facile coltivazione e serviva per sfamare, era versatile nel senso che si usava in tantissimi modi in cucina, un po’ come si possono fare le patate, da bollito a fritto, in vellutata, però dura nel tempo. Non appassisce, dura sia in frigo che fuori frigo. Quello che poi magari non veniva consumato per l’alimentazione delle persone veniva usato per gli animali perché è molto nutriente: non si sprecava niente, dalle foglie al tubero.
Per coltivarlo si parte sempre dal seme – a maggio- poi si dirada, si semina a distanza di 20-25 cm da giugno fino a settembre-ottobre, dipende dalla crescita, dal tempo, da come viene, poi si toglie dal terreno, dal pieno campo, e si porta dentro al tunnel, si fanno delle fosse profonde 30-40 cm, lunghe 30-40 m, si rinterra, dentro, di modo che se nevica, se viene un inverno normale (non come quest’anno) che nevica e fa freddo, lui lì sta tranquillo e dura fino a primavera senza aver bisogno di nessun trattamento chimico.
Per fare la vellutata si taglia il cavolo navone a pezzettoni, si mette in una pentola normale con porri e patate in parti uguali, si copre d’acqua, si fa sobbollire a fuoco moderato per una ventina di minuti, si frulla in tutto. A parte si fanno dei crostini di pane; si fanno rinvenire in acqua dei funghi secchi, si fanno saltare in olio e poi si mettono sopra questa vellutata. Questa è la mia ricetta preferita e non ho ancora trovato una persona che mi dice che non le piace. Il gusto dolciastro del cavolo navone viene smorzato dalla patata e dal porro ed è velocissimo perché in mezz’ora si prepara un buon pasto. E allo stesso tempo si usa il pane raffermo del giorno prima così non si spreca niente.
Il cavolo navone, essendo ricco di carboidrati, è molto energetico e allo stesso tempo è anche diuretico, quindi va bene anche per chi segue qualche dieta. Fa parte di quegli ortaggi che ormai sono caduti in disuso perché tutto quello che ha tolto la fame in tempo di guerra per tanto tempo è caduto nell’oblio, forse proprio per dimenticare il periodo, così anche le castagne secche. Poi sono passate le generazioni e le persone l’hanno riscoperto e si rivalutano tante cose”.