L’arachide e il sapore del territorio

“La stagione 2022, essendo stata abbastanza siccitosa, ci ha portato a una riduzione della produzione – ci spiega Marco dell’Azienda Agricola Paggetti Stefania – dalle 10 tonnellate dell’anno scorso alle 6 di quest’anno. L’arachide non ha bisogno di tanta acqua però quest’anno non gli è bastata, qualcuna è venuta un po’ più piccola e qualche pianta è seccata.

In Italia siamo pochi produttori, produciamo intorno alle 100 tonnellate di arachidi quando ne servirebbero 3500.

Quelle italiane si riconoscono perché abbiamo un territorio dove il guscio dell’arachide rimane più scuro. Quelle che sono bianche di solito sono egiziane o israeliane perché sono fatte in terreni diversi dal nostro.
Noi utilizziamo la cultivar “virginia”: ovviamente ogni arachide, come il vino, prende il sapore del territorio.

In Italia non c’è nessun fitofarmaco registrato sulle arachidi perché non c’è un interesse, da parte delle aziende farmaceutiche sull’arachide che viene poco coltivata in Italia. Quindi non diamo niente alle piante, l’erba la strappiamo con i sarchiatori e gli animali terricoli li combattiamo con la falsa semina o con la rotazione.

Facciamo agricoltura come si faceva 100 anni fa e abbiamo una produzione minima perché noi su 1 ettaro facciamo dai 10 ai 15 quintali, quando in Cina magari fanno dai 30 ai 40 quintali per ettaro perché, se anziché averci l’erbaccia hai tutto il campo diserbato, la pianta fa più produzione.

L’arachide che facciamo noi ha un gusto e un aspetto particolare perché è tostata a legna. Ha una buccia bruciacchiata dalla legna e all’interno ha il seme che ha un gusto particolare, deciso, dal sentore di legno.Noi facciamo ogni anno le analisi anche sui caratteri organolettici e le nostre arachidi sono molto buone, ricche di fibre, proteine, acidi grassi”.

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Storie di agricoltura.