Santa Rita Bio Caseificio sociale 1964

Santa Rita Bio Caseificio sociale 1964

Santa Rita Bio caseificio sociale 1964 resiste e rinasce sulle iniziative fatte nel 1964 dai pionieri della cooperazione, continuando una produzione che dura da 1000 anni: il latte per fare il parmigiano reggiano in modo artigianale, agli inizi degli anni ‘90 col metodo dell’agricoltura e zootecnia biologica, con la volontà di passare sempre con lo slogan a piccoli passi per continuare ad amare e nutrire la terra verso l’agricoltura biodinamica. Continua con questi i suoi progetti. Uno che lo sta impegnando molto, anche per gli aspetti economici non sempre soddisfacenti, è quello della salvezza della biodiversità della vacca bianca modenese, una vacca storica, la mamma del parmigiano reggiano. Perché la bianca modenese è la regina del re dei formaggi, il parmigiano reggiano. Ce n’erano 240.000 capi, abbiamo ricominciato nel 2005 con 200, 17 capi sotto controllo, noi ne abbiamo raccolti fino ad arrivare agli attuali 130 tra maschi, femmine, vitelline, manzette, più 70 vacche lattifere. Questa razza da noi, in metodo biologico, fa tra i 9 e i 12 litri, le nostre frisone – poi sono anche non frisone in purezza – fanno dai 23 ai 25 litri nel bio rispetto ai 30-40-50-60-70 litri nel convenzionale al giorno…

La nostra scelta del biologico continua proprio anche per conservare la biodiversità, delle norme biologiche iniziali noi ne facciamo un’essenza quindi noi produciamo l’unica forma giornaliera di parmigiano reggiano con latte biologico di vacca bianca modenese. La biodiversità si salva solo insieme a chi consuma, utilizza e acquista i prodotti, ad esempio della bianca modenese che vogliamo salvare come biodiversità importante nel parmigiano reggiano.

Continua il nostro impegno a resistere nella produzione artigianale con latte di montagna dove anche i piccoli possono avere una remunerazione con la volontà di creare le opportunità di lavoro e di economia anche per i giovani, qualcosa si sta concretizzando, altri sono in progetto. Abbiamo nuovi insediamenti giovani, anche 2-3 donne, questo è fondamentale.

Dal un lato il biologico sta aumentando sensibilmente e questo va visto come un fatto positivo. E’ ovvio che il biologico, quello con il cuore, con i valori dentro di cura dell’ambiente e degli animali, non quelli economici, viene mortificato perché questo aumento della produzione e di conseguenza l’indifferenziazione dei messaggi perché la certificazione è uguale per tutti, alla fine basta essere certificati, crea l’esigenza di dover tornare a distinguere un prodotto che è diventato semplicemente bio perché non usa questo e quello, che va bene, sono aspetti positivi ma non sono sufficienti. E’ ovvio che il biologico è diventato anche un settore per i nuovi affari, per salvarsi da crisi economiche che il convenzionale ha portato però chi lo fa con questo scopo non è sufficiente, nel biologico ci sono valori. L’economia dell’amore e della fratellanza, con valori certi, dovrebbe diventare quello che può salvare i piccoli produttori che mettono l’anima e il cuore e i sentimenti.