Cascina Canta
Ho ormai raggiunto i 92 anni – ci racconta Eusebio Francese, titolare, con le figlie Maddalena e Isabella della storica Cascina Canta di Gionzana – e posso dire di essermi dedicato alla coltivazione del riso dall’età di 13. Fate voi i conti. Ho ancora memoria dei vecchi mestieri che caratterizzavano le nostre campagne prima della meccanizzazione, le mondine e i trapiantini.
La mia esperienza mi porta a dire che non ci sono risi buoni e risi cattivi, ma ci sono produttori bravi e produttori meno bravi. Un riso prodotto rispettando le esigenze delle piante e del terreno, lavorato correttamente e soprattutto conservato bene è sempre un prodotto salutare. Un riso di qualità deve essere resistente e tenere bene la cottura. Penso che ci siano moltissime cose di cui la gente non viene informata: un esempio classico è il metodo di rimozione dei tegumenti. Esistono sostanzialmente due metodi: il metodo classico italiano che prevede il passaggio attraverso rulli per la sbramatura e il metodo orientale (cinese e giapponese) che effettua la rimozione dei tegumenti mediante auto-frizione fra i chicchi. Il metodo italiano è più costoso, ma rispetta maggiormente il prodotto ed è particolarmente utile per ottenere i semilavorati, il metodo orientale è meno costoso, più veloce, ma tende a surriscaldare i grani di riso. Quello che non tutti sanno è che ancora oggi la maggior parte del riso che troviamo in commercio viene privato del tegumento con il metodo orientale con la perdita di molti nutrienti.
Un discorso analogo può essere fatto per il processo di essiccazione. Noi utilizziamo il metodo aria-ambiente, un sistema lento che ho sviluppato e che consente di produrre risultati simili a quelli che si ottenevano mettendo il riso a seccare nell’aia. Gli industriali del riso invece vogliono che il cereale appena raccolto sia essiccato in giornata per poterlo lavorare e vendere il prima possibile, quindi lo scaldano rovinandolo.
Nella mia lunga vita di agricoltore ho vissuto anche esperienze di grande interesse. Alla fine degli anni ’80, in un campo dove stavo effettuando una selezione massale individuai una pianta con una pannocchia strana. Provando a sgranarla, non crodava (non si staccava dalla pianta sbriciolandosi) e aveva un colore rosso molto particolare. Provando a riseminarla notai che manteneva la purezza varietale e così, dopo 4-5 anni, decisi di fare analizzare questo riso all’ente risi per valutarne le qualità. I risultati lasciarono tutti stupefatti. Era un riso ricco di nutrienti, una vera miniera di antiossidanti e di ferro altamente assimilabile. Alcuni anni dopo vennero a prelevare dei campioni anche alcuni ricercatori dell’università di Parma: le loro analisi confermarono le proprietà del riso rosso che avevo accudito.
Molti alimenti di oggi sfamano, ma non nutrono; derivano da prodotti coltivati chissà dove, trasportati e lavorati con tecniche finalizzate a massimizzare il guadagno e non la tutela della salute. Il mio unico consiglio è di utilizzare il più possibile le varietà antiche del territorio, coltivate da chi può mostrarvi il suo lavoro, conservate correttamente e cucinate bene. La scelta migliore è rivolgersi a chi coltiva e lavora biologico, con o senza certificazione, ma che può farvi vedere, se lo richiedete, tutti i processi di lavorazione.