Mantenere l’idea della complessità

“Per affrontare la sfida delle piccole aziende, soprattutto di collina e di montagna, si tratta di dare degli strumenti nuovi per formare gli agricoltori agli aspetti interconnessi dell’agroecologia.

Perché l’agroecologia – ci racconta Isabella Dalla Ragione della Fondazione Archeologia Arborea – è fatta di complessità e noi dobbiamo dedicarci a reinstaurare la complessità dei sistemi. La complessità è fatta di molte cose, è fatta di specie spontanee, specie coltivate di varietà locali, vecchie, nuove, perché non è che noi siamo fermi al medioevo, ci sono delle nuove varietà che possono rispondere a nuove esigenze.

L’importante è mantenere quest’idea della complessità: gli agricoltori piccoli non hanno altri strumenti se non il discorso della complessità, perché altrimenti non competono con altri tipi di agricoltura. Questa complessità si riflette sul paesaggio, ovviamente. Il paesaggio agricolo storico era straordinario proprio perché era complesso, era fatto di molti elementi interconnessi fra di loro: anche questo è un elemento essenziale da tenere in considerazione.

È chiaro, l’erosione e i disastri ambientali vengono dalla semplificazione del paesaggio, che è semplificazione dell’agricoltura, ovviamente. Il paesaggio è lo specchio dell’agricoltura, il paesaggio è umano, non è un paesaggio naturale. Dunque il discorso assolutamente importante è dare agli agricoltori anche questo tipo di strumenti: come mantenere la complessità nel paesaggio nella propria azienda, nella propria agricoltura, sempre considerando anche il discorso dell’economia aziendale. Ma tanto l’economia aziendale, il piccolo agricoltore la fa se diversifica, altrimenti non la fa. Non c’è niente da fare, lo sappiamo tutti, gli economisti lo possono confermare. O diversifica e fa cose diverse, oppure non riesce a competere. Però, per fare cose diverse, deve riuscire a mettere in relazione queste cose. Cioè il frutteto non può essere a sé stante, il frutteto può essere in consociazione, che è la base del sistema agroecologico.

L’innovazione oggi è su questo, che tu riproponi un agroecosistema e riproponi una conoscenza ai nuovi agricoltori, perché tanto ormai sono nuovi agricoltori, che questa conoscenza sicuramente non ce l’hanno, così approfondita, e l’apporto tecnico scientifico ti supporta questa scelta. L’agrobiodiversità è fatta da diverse cose, una è la complessità fatta di biodiversità a tutti i livelli, di presenze animali, sia di mammiferi che di insetti, è ovviamente tutto interconnesso. Il nostro obiettivo è ripristinare la complessità, non elevare la produzione tal quale. Quindi c’è un discorso sulla pratica agronomica dell’agroecologia, c’è un discorso ecosistemico, paesaggistico, c’è un discorso entomologico.

In realtà la grande crisi che noi abbiamo in questo momento è la totale scomparsa di sostanza organica nel suolo, allora il problema è come ripristinare una buona quantità di sostanza organica e soprattutto la presenza nel suolo di microrganismi per vedere la reazione del suolo: dopo due anni di buone pratiche già si vede la differenza nella presenza di sostanza organica, di flora microbica, di animali che stanno sotto terra.

Noi vogliamo introdurre degli elementi agroecosistemici per aumentare la complessità di questa piccola agricoltura e migliorare il sistema proprio agricolo e di cui il suolo ovviamente è parte integrante”.

Storie di agricoltura.