Uva da tavola nel mio vigneto

“Circa venti anni fa – racconta Aldo – ho acquistato un terreno da un mio vicino: nel corso dei trent’anni precedenti lui aveva creato un frutteto e un vigneto familiare, ma grande, su una superficie di 4000 metri e aveva impiantato almeno 100 varietà diverse di mele e pere, di tutto un po’. Io ho voluto conservare questo terreno così come l’aveva fatto lui perché è molto bello, fra l’altro. Lì aveva impiantato anche un piccolo vigneto, 4 filari, dove i nomi delle varietà io non li so neanche perché ci saranno anche lì una trentina di varietà diverse poi c’è dell’uva molto buona. Nel reimpiantare inserisco varietà che non hanno bisogno di trattamenti oppure facciamo biologico con rame, zolfo e basta così. Ci facciamo un po’ di esperienza anche, perché ovviamente io non sono proprio un mago del vigneto. Una volta, da bambino, i vigneti erano odiati da noi perché comunque era un lavoro in collina, manuale, pesante, adesso per me è un passatempo. Io i nomi non li conosco di tutte queste uve, ma ci sono delle varietà meravigliose, il problema più grosso sono i caprioli che ti mangiano l’uva perché vanno proprio a provarla varietà per varietà, man mano che matura, tant’è che probabilmente quest’inverno metteremo su una rete antigrandine da proteggerla più che altro proprio dai caprioli. Avevo dell’uva, la famosa Lignenga, ce ne sono alcune viti in mezzo alle altre: vado per raccoglierla e trovo i grappoli ripuliti: i caprioli. La nostra uva è bella sana, è un’uva un po’ più croccante, buona, è sia bianca che rossa, non è un’uva da vino, ma un’ottima uva da tavola”.

Storie di agricoltura.