Azienda Agricola Mario Torelli
Gianfranco Torelli rappresenta la quarta generazione di viticoltori della famiglia Torelli ed è produttore di vini biologici certificati. “Non pensavo troppo al lavoro da bambino: quello che c’è di sano qua, è che si giocava. La scelta di fare la scuola di enologo è stata una forzatura di mio padre, agricoltore, che voleva uscire dalla logica della produzione di materia prima per l’industria: secondo mio padre era la cosa più brutta che potesse succedere. Diceva che il contadino non fornisce materia prima, ma cibo. ‘Mi piacerebbe che ti formassi in una scuola che ti dia più possibilità, quella scuola può aprirti altre strade’. Adesso, ogni tanto, invece, mi dice ‘Ahi! mi tocca lavorare finché…’ tanto mio padre non può stare senza lavorare.
Dopo il servizio civile, una bella esperienza nel sociale, ho deciso: facciamo vino, ma occorre ingrandire l’impresa. Qui le proprietà sono frammentate, troppo piccole per stare sul mercato, per fare sopravvivere una famiglia. È difficile acquistare terreno, il prezzo è elevatissimo, perché è diventata una zona ambita da svizzeri e tedeschi. A noi sembra strano ma per loro 60 km sono vicini al mare! Questa è una zona bella, è bellissimo qui! Quindi non si riesce ad accorpare le piccolissime aziende che sono seguite dai vecchi, ma i figli è raro che continuino, il dopo è difficile da immaginare.
Con fatica ci siamo ingranditi ma i problemi erano appena cominciati. Si trattava di decidere se riprogettare le vigne. Capivamo che se volevamo fare biologico dovevamo calcolare gli spazi per i mezzi che trinciano l’erba. Non volevamo fare il diserbo: se vedeste le colline di maggio da un giorno all’altro ingialliscono e poi diventa tutto “pulito”… io ho una concezione diversa del pulito. Dovevamo fare anche i conti con l’acqua. Il viticoltore lotta con l’acqua soprattutto se ha vigne in pendii molto ripidi, perché ruscella ed erode, soprattutto se non ci sono le radici dell’erba. Così ho scelto, là dove era molto scosceso, di impostare i pendii con la tecnica dei ciglioni e di trinciare l’erba senza uccidere le radici. Non sono le terrazze tradizionali in cui è impossibile passare con i mezzi meccanici, ma delle gradinate con la pendenza a monte in modo da preservare l’erosione.
Le vigne sono una monocoltura e come tale rischiano di impoverire la biodiversità di un territorio. Invece una gestione che favorisce la biodiversità del terreno è quasi sempre associata ad una coltivazione biologica. Il terreno deve essere ricoperto di erba a livello di tutti i filari. L’erba può essere di lunghezza diversa, ma deve essere presente. Nelle mie vigne effettuo il taglio dell’erba a filari alterni così c’è sempre una fila con erba più alta e uno con erba tagliata da poco. Attenzione va anche posta a come viene diserbato il sottofila. Qui moltissimi produttori impiegano diserbanti chimici perché sono economici e veloci da utilizzare. Noi facciamo solo lavorazioni meccaniche del terreno con un trattore apposito che rovescia la terra.”