Attiva
Mio padre ha iniziato nel 1939 a Firenze l’attività di torrefazione, poi si è trasferito a Pistoia negli anni ’50 – racconta Andrea, Trinci Torrefazione artigianale caffè. Io lo ho affiancato più o meno negli anni ’70, quando avevo 15 anni. Mio padre una volta mi raccontò che a Firenze c’era una torrefazione famosa negli anni ’40, tanti baristi compravano caffè verde e andavano lì a farselo tostare, imparavano a tostare e poi si aprivano la torrefazione in proprio. Negli anni ’70, in Italia, c’erano 2500 torrefazioni di caffè quando la Germania, oggi, ne avrà 200 ma ne aveva forse 100 prima. Questo è un fenomeno tutto italiano. Abbiamo un export forte di caffè tostato proprio perché è un fenomeno italiano, anche se il prodotto non è italiano perché la materia prima è di importazione, c’è questa tradizione. Poi in Italia non c’era un grande uso di caffè perché l’Italia era povera, il caffè si usava più in Francia e in altre zone. Io a 15 anni mi sono affiancato a mio padre e così sono sempre rimasto a fare questo mestiere, ho imparato da lui il metodo della miscelazione, il segreto di miscelare i caffè: proprio questa è la prerogativa tutta italiana che ci consente l’export, la miscela.
La miscela è legata all’invenzione della macchina espresso che è italiana. Abbiamo due specie principali di caffè: l’arabica e la robusta poi ciascuna di queste due specie ha tutta una serie di varietà, molto meno è robusta tanto più è l’arabica. Dove si legge arabica 100% è comunque una miscela di tutto specie arabica ma di varie varietà, dove non c’è scritto arabica 100% è chiaro che la miscela può essere in parte arabica e robusta. Poi ci sono le mono origine e sono quelle dove si indica proprio una zona di produzione. Nella miscela, in generale, c’è un implemento dell’uomo che con una sua filosofia, una sua conoscenza, una sua percezione riesce a creare un prodotto che poi può piacere più o meno ai clienti. Il segreto della miscela è mettere insieme vari tipi di caffè, dare la costanza alla miscela, perché quello che cerca l’operatore o il consumatore è sempre quel sapore lì. Noi dobbiamo mantenere la costante cambiando però le raccolte, a volte anche tipi di caffè perché non sempre si trova tutto disponibile sul mercato; l’abilità è riuscire a mantenere la costante negli anni.
Alcuni chiedono che venga specificato da cosa è composta la miscela, ma è sempre tutto relativo perché se io dico che nella miscela c’è il Brasile avete idea di quanto è grande il Brasile? Brasile cosa, dove, quale? Sapete quante varietà e quanti modi in Brasile ci sono? Così nel Guatemala in Costa d’Avorio. Ecco perché io ometto anche di mettere di cosa è composta la miscela, perché è una presa in giro. Le percentuali, chi le mette, è una presa in giro uguale perché non le dirà mai nessuno e non si possono vedere se ci sono o no. L’unico test che si può fare su un caffè, l’unico, attualmente, è quello che se io scrivo 100% arabica devo avere un contenuto di caffeina che sta dentro un range, fuori di quello vuol dire che c’è anche della robusta e quella è una frode. Questa è l’unica cosa che si può fare. Vabbè se ha delle muffe, se avesse dei difetti, ma quello lo escludo a priori.
Io sono in pensione dal 1 luglio 2019, ho 65 anni. In azienda siamo 6 persone: mia moglie, che parla italiano e inglese perfetto, si occupa diciamo dell’export (facciamo il 90% di esportazione) e un po’ di pubbliche relazioni; mio figlio, che ha 24 anni, è all’ultimo anno di matematica a Pisa è anche socio in azienda e ci sta cominciando a buttare un occhio e mi fa piacere perché è una bella testa che funziona. Gli altri sono dipendenti. La Germania e Parigi sono le due zone dove vendiamo di più il nostro caffè. Il mercato italiano per noi è limitato alla ristorazione con le monoporzioni, con le cialde.