I semi in bocca, prima di seminarli

“Pensiamo al seme che è il sistema esistente per la fecondazione: nell’impollinazione  – ci spiega Stefano Vegetabile di Nuove Rotte – se potessimo osservare un fiore e il movimento dei pollini con una telecamera che vede le temperature, in realtà si vedrebbero delle correnti di calore che si muovono nell’aria.

Per noi sono quasi invisibili, ma gli insetti le vedono molto bene: l’ovario è proprio un punto di calore nella pianta e il pistillo è un punto di luce. Infatti, con la fotosintesi clorofiliana che crea la clorofilla all’interno della pianta, la pianta in un certo modo sublima gli zuccheri e dà i suoi zuccheri migliori nei nettari, mentre quelli più grossolani vanno giù facendo la lignina: quindi c’è una sublimazione degli zuccheri che sono direttamente legati alla fotosintesi, quindi alla luce. C’è questo incontro della luce del pistillo con il calore dell’ovario e così avviene la fecondazione.  

La stessa cosa accade con un’altra grande fecondazione, che è la più importante e che al giorno d’oggi è completamente dimenticata: è quella del seme che va nella terra.
È una cosa talmente importante che, nei tempi antichi, solo i sacerdoti potevano fare questo atto e si erano resi conto dell’enorme potere dell’uomo di mettere il seme nel terreno, che è stato degno dei rituali più importanti in civiltà quali quelle dei Persiani e dei Babilonesi, che hanno realizzato l’agricoltura.
Pensiamo che il seme è praticamente una spugna che attira a sé qualunque roba.
Molte popolazioni indigene si mettono i semi in bocca e li tengono magari una quindicina di minuti portandoli appunto a temperature con il calore del proprio cavo orale e donando la loro saliva che è ricca di enzimi: è un primo liquido, come se fosse una placenta. Dopo vanno a seminare e c’è sempre una centratura da parte di un uomo e di una donna che si connettono prima di seminare al seme, immaginando la pianta che nascerà.

Pensiamo, per contro, a come funziona oggi l’agricoltura: abbiamo un seme conciato, quindi ricoperto di veleno, perché si pensa che così non venga gradito dalla fauna del suolo. Una volta conciato, è inserito in una macchina che, con un ritmo meccanico, va a buttare il seme e a irrigarlo. Così il veleno si scioglie immediatamente nella zona circostante il seme: quindi la prima cosa della quale il seme si nutre è quel liquido avvelenato e se lo porterà dietro per tutta la vita della pianta.  Siamo lontani dall’immagine delle popolazioni indigene che scaldavano il seme in bocca e poi andavano a seminare con gesti attenti e, ovviamente, seguendo i ritmi cosmici: posizione della luna, posizione delle stelle, seguendo il ritmo del cosmo rispetto alla nascita della pianta.

Il percorso che fa il seme è molto simile a quello dell’essere umano: vibrando, a un certo punto fa una radichetta, quindi mette un cordone ombelicale con la madre, dopodiché escono i dicotiledoni, due foglioline che sono praticamente uguali per qualunque pianta. È un processo di pura vita, non c’è ancora l’ingresso individuale della pianta, non riconosciamo che pianta abbiamo davanti quando c’è il dicotiledone. Solo dopo mette la terza foglia, che è la foglia propria di quella specie, quindi capiamo se è un’insalata, se è uno zucchino, se è un pomodoro: in questo momento entra il principio dell’individualità, esattamente come il bambino a un certo punto dice “io”.

Nella pianta lo vediamo con la terza foglia, quindi alla pianta non servono 3 anni per dire “io”, come per il bambino, ma saranno 4-5 giorni per le piante annuali, magari qualche mese per quelle pluriennali.
Ci sono molte similitudini nella vita che, alla fine, rispondono a regole universali nei vari ambienti.
Poi si sviluppano evoluzioni diverse nell’ambiente umano, nell’ambiente pianta e, da lì in avanti, sono continui cura e ritmo. Quindi, in base a come si muove la pianta, l’agricoltore deve intervenire mantenendo questo rapporto madre terra-radice-pianta. Poi, con l’entrata nella luce, deve capire se c’è necessità di coprire o magari se c’è troppa insolazione, oppure se è bene favorire la luce.

Sicuramente il modo in cui l’agricoltore entra nel ritmo della pianta e come si muove, anche animicamente, nel movimento che fa, cambia sicuramente la parte finale, cioè il frutto.
Soprattutto, cambia tantissimo la capacità della pianta di autodifendersi: veramente si vede una differenza incredibile. Le piante sono esseri che, se non sono completamente frastornati e sono riusciti a stare nel loro ritmo, se hanno sviluppato una presenza forte, sia radicale sia di tessuti, sono in grado di difendersi quasi autonomamente e hanno gli strumenti per poter crescere sane.
Perché se c’è un ancoramento a terra molto forte, la pianta è sana.

Oggi tutta l’agricoltura è basata sul frutto, cioè sui kg che noi vogliamo raccogliere.
Quasi nessun agricoltore sa che forma ha la radice della pianta che sta coltivando, solo gli anziani lo sanno. Pensiamo che il fittone, che è la radice dell’ancoramento, i vivaisti lo tagliano a tutte le piante quando sono piccole, perchè hanno l’esigenza di metterle in vaso: è come se si portasse via alla pianta il cordone ombelicale e la pianta non riesce proprio più ad ancorarsi. Eppure, oggi si vede il fittone solo semplicemente come un sostegno fisico, quindi si pensa che mettere un bastone di sostegno sia la stessa cosa. Ma non è così: il fittone è proprio un ancoramento molto profondo nella madre. Se qualcuno ha provato a estirpare una piantina selvatica alta pochi centimetri, si rende conto che deve fare una fatica enorme, perché il fittone proprio la radica, le dà una coesione fortissimo e non è solo un sostegno. Il fittone è proprio la radice centrale che va giù, è quasi un proseguimento della pianta e tutte le piante ce l’hanno.

Se qualcuno ha notato che quando cadono dei semi di pomodoro nell’orto e nascono delle piantine da sole, senza irrigarle, senza mettere il sostegno, senza fare niente, quelle piantine, in qualche modo, fanno i pomodori. Invece, spesso, quando si pianta una piantina di pomodoro e si sta 15 giorni senza bagnarla, questa muore. Nel caso del seme caduto nella terra, la pianta è più forte, perchè si è creato questo radicamento molto grande con la madre, la terra”.

Storie di agricoltura.