Pera Madernassa: per conoscere le nostre radici
Un vecchio detto delle Langhe recita così: “L’uve böiu e i Sant s’ausinu” (le uve prendono il bollore [nei tini] e la festa dei Santi si avvicina).
Un tempo, da inizio novembre, nelle case contadine di Langa e Roero, prendeva il via il rito pressoché quotidiano della cottura delle pere Madernassa. Le stufe accese tenevano perennemente caldo un piccolo forno. Il tempo di preparazione era brevissimo: bastava sciacquare le pere, metterle nella teglia, bagnarle con vino rosso allungato un po’ con acqua, spolverarle con zucchero e poi aggiungere un pezzetto di cannella e due chiodi di garofano. Tutto finito. Poi serviva del tempo, almeno due ore, per la cottura. Nella cucina, pian piano, si spandeva il profumo di vino, spezie e zucchero. Per cena le pere erano pronte, umile dolce di squisita intensità.
Credo che questi gesti semplici che ci arrivano dalle radici contadine di noi tutti italiani, potremmo riprenderli con la coscienza di ciò che ci trasmettono e ci consentono. È vero, magari non c’è la stufa a legna, ma si può fare in forno o sul fornello a gas.
Gli ingredienti magici sono solo due. Primo: un frutto di cui si conosca un po’ di storia, che viene da lontano nel tempo, che è stato generato da relazioni costanti, da scambi di talee. Secondo: il nostro tempo, quello che non abbiamo più e che non sappiamo dove sia finito, visto che ci siamo dotati di ogni marchingegno possibile per risparmiare tempo.
Come dice Josè Pepe Mujica, ricordiamo ogni tanto che“…per essere liberi bisogna avere tempo: tempo da spendere nelle cose che ci piacciono…per le cose elementari, che sono molto poche e sono quelle di sempre, le uniche: le relazioni fra i genitori e i figli, l’amore, gli amici. Per tutto questo c’è bisogno di tempo!”
Un primo passo può essere tornare a cuocere le umili pere Madernassa, ricche di vitamina C, per la cena dei nostri cari.